10 cose che impara chi fa le bambole

DSCN1865 1) la serietà del gioco

per un bambino, tutto è gioco e niente è per gioco. il gioco è la cosa più seria che un bambino si impegna a fare. Noi diciamo “è un gioco” ma loro giocano per diventare grandi.

2) la connessione

Che cosa rende una bambola somigliante alla persona per cui è stata creata? io non lo so. quel che so è che, per tutto il tempo del lavoro, al centro del mio pensare e del mio fare c’è la radice da cui ogni mia bambola nasce. Il resto viene da sé.

3) la cura

Lì dove si vede e lì dove non si vede, aver cura sempre. A partire dall’intenzione, dallo stato d’animo, ogni piccolo dettaglio fa la differenza. I millimetri, le frazioni di millimetro, i grammi, le minuzie. Non cedere alla fretta di fare, ma prendersi tutto il tempo per guardare, ammirare, e farsi anche dei complimenti! Curare anche sé stessi e innaffiare l’autostima. Anche questa è cura.

4) il tempo sospeso

Ago e filo. Foglio e matita. Lana e uncinetto. E il tempo si ferma. L’orologio si scioglie, minuti e secondi si fondono in una colata immobile. Il tempo della creatività è sacro, prezioso. E’ tempo che sana, che cura. Tempo sacrosanto, che non va contato.

5) il sorriso

se sorridi, il lavoro viene bene. Ogni cosa si aggiusta con un sorriso.

6) a riconoscere l’armonia

Ogni cosa contribuisce all’armonia del tutto. Ogni cosa dritta o storta. Ogni cosa semplice o meno. Morbida o aguzza. serena o dolorosa. Una bambola non avrebbe gli occhi se un ago lungo 12 cm non le trapassasse la testa da parte a parte.

7) ad aguzzare l’istinto

Se le mani non ci arrivano, ci pensa l’ago. Lo diceva mia nonna ed è vero. Il mio ago ha la stessa forma e gli stessi colori del mio intuito. lo chiamo quando le mani si confondono. Quando non è il sapere che aiuta. Quando la bambola ha sete di ispirazione.

8) ad andare avanti, comunque

E’ strano pensare che anche le cose più complicate sono fatte da molte piccole cose semplici. quando una bambola mi sembra complessa o una richiesta mi sembra difficile da incontrare, la suddivido in cose più piccole. cose che so fare, cose che mi piace fare, cose che non mi spaventano. passo dopo passo, punto dopo punto, filo dopo filo, nodo dopo nodo. La bambola nasce tra le mie mani. E la prima a stupirsi, sono proprio io.

9) e quando serve, arrendersi

Tante volte la mia idea, non è l’idea della bambola. Io la vorrei così o colà. Più questo o meno quello. Tanto di qua e poco di là. e invece lei ha un’altra idea. E così cominciano quei strani momenti, quelli in cui pensi: oh! ma va tutto storto! Fili di lino che tengono su aquiloni in volo si spezzano come fossero di ovatta, fili ordinatissimi si aggrovigliano, la matita non lascia il segno sulla stoffa. Ho capito che quello è il momento di arrendersi. Diventare solo un canale. Scegliere di ballare al buio. Con la consapevolezza che sta per nascere una bambola molto speciale.

10) a soffiare sul fuoco bambino

Se sai ridere e a piangere con tutto il corpo, manisfetare con gioia l’entusiasmo, ballare sotto la pioggia in un luogo affollato. Godere del tempo condiviso con chi ti ama. Allora, nulla potrà trattenerti dal baciare una bambola, dopo che ti ha regalato il suo primo sguardo.

Risposte nei libri – 1

DSCN1734Un feticcio può avere aspetti decorativi e assomigliare a un animale o a una bambola. (…) Lo scopo del feticcio è guarire.

La fabbricazione di una bambola è la versione elaborata della creazione di un feticcio. E’ più complessa e ha più potere e, per le donne che stanno imparando a guarire sé stesse è un lavoro che scava nel profondo. Una bambola può incarnare i diversi aspetti di una persona e può dare forma al processo di arrivare a comprendere lati di sé che in precedenza erano invisibili o nascosti.

(Vicki Noble, Il risveglio della Dea)

Le coincidenze non esistono

 

 

 

ballerine

 

N. è una bambina bellissima. Lunghi capelli castano chiaro, alta. Sorride timidamente, presa in braccio come una bimba molto piccola, perché si è appena svegliata. Mi guarda di sottecchi dall’alto, stropicciandosi via ancora gli ultimi lembi del sonno pomeridiano. Quella bimba snella, timida e sorridente porta sulle spalle un grosso bagaglio, troppo grosso per chiunque, figuriamoci per lei, che è solo una bambina. Le donne che le stanno intorno mi indicano e le bisbigliano: lo sai che lei fa le bambole? Lo sguardo timido diventa presto curioso. Ho una borsa di tela con me. Grande e bitorzoluta. Comincia ad allungare lo sguardo, per cercare di spiare nella borsa, per vedere se è proprio vero quello che le stanno raccontando. La mia borsa di tela nera è proprio piena di bambole. Brava N. hai indovinato. Ci sono quelle che ho tirato su in tutta fretta, prima di mettermi in macchina per partire. Due mini doll delle mie bimbe, un doudou, un bellissimo neonato con gli arti snodabili e una bambola con lunghi capelli scuri e la frangetta. L’ho fatta a settembre, quando ho cominciato. E’ nata insieme a Giulia, la bambola della mia figlia maggiore. Sarebbe dovuta andare alla sua migliore amica appena partita per Roma. E poi, per diversi motivi, questa bambola non è mai partita, è restata in un sacchetto di stoffa, per non sciuparsi, un po’”orfana”. Le mie figlie non me l’hanno mai chiesta. Ogni tanto le facevano fare un giro sul passeggino o era invitata a una festa di compleanno tra bambole, ma poi questa bambola senza nome, tornava inesorabilmente nel suo sacchetto.Indossava un semplice vestitino color lampone. Nient’altro.

 

Ho aperto la borsa e le ho tirate fuori, una alla volta. Ma N. non aveva occhi che per l’orfanella. Questa è mia. Ha detto così e l’ha abbracciata. Ha scostato le braccia e la bambola è rimasta attaccata al suo collo. Si abbracciavano, si erano trovate. L’ha chiamata Sara, un nome antico che vuol dire principessa. Una vocina nella testa mi dice che quelle due creaturine sono grandi amiche. siamo d’accordo che le farò un piccolo guardaroba e le cucirò un vestito da ballerina. Sara è venuta al mondo per accompagnare N. in un contesto duro, spigoloso e tagliente. Spero che la morbidezza e il calore della lana di cui è fatta possano attutire ogni colpo. Spero che con i passi leggeri di una ballerina possa mostrarle come non rassegnarsi al brutto e ad avere sempre cura e rispetto per sé stessa. N. e Sara mi hanno ricordato tante cose. Una di queste, è che so fare i tutù, anche se non lo sapevo. La più importante, però, è che le coincidenze non esistono.